La Dott.ssa Paola Lemasson ha una notevole esperienza nel trattamento nutrizione per le malattie autoimmuni. Le attività svolte come nutrizionista delle malattie autoimmuni, consentono di dare al paziente tutte le risposte alle sue problematiche. Una malattia autoimmune, è caratterizzata da una disfunzione del sistema immunitario che induce l’organismo ad attaccare i propri organi e tessuti. Esistono numerose malattie autoimmuni.
Fra le più diffuse, ricordiamo la malattia di Graves, l’artrite reumatoide, la tiroidite di Hashimoto, il diabete mellito di tipo 1, il lupus eritematoso sistemico (lupus) e la vasculite. Altri disturbi ritenuti di origine autoimmune sono il morbo di Addison, la polimiosite, la sindrome di Sjögren, la sclerosi sistemica progressiva e molti casi di glomerulonefrite (infiammazione dei reni).
Al momento, le precise ragioni per cui il sistema immunitario, in una malattia autoimmune, si rivolta contro l’organismo sono sconosciute e oggetto di dibattito scientifico. Su molte di queste patologie ,l’intervento nutrizionale, coadiuvato da una nutrizionista delle malattie autimmuni, può essere fondamentale nella riduzione della sintomatologia e quindi nel miglioramento della qualità della vita.
Nonostante ogni malattia sia un caso a sé stante, con manifestazioni diverse che vanno di volta in volta valutate, il minimo comune denominatore è l’infiammazione organica, che spesso impedisce la regressione dei sintomi, accentuando stanchezza, gonfiore, dolori articolari e alterazioni dei valori negli esami ematici.
Proprio il controllo dell’infiammazione è uno dei cardini dell’approccio nutrizionale alle malattie autoimmuni, svolto dal nutrizionista per le malattie autoimmuni, solitamente articolato come segue:
Esiste una stretta relazione tra tutte le malattie autoimmuni e l’alimentazione.
Il sospetto che l’alimentazione errata potesse contribuire ad attivare o aggravare le malattie infiammatorie è stato sempre molto forte. Per evitare picchi glicemici e conseguenti picchi di insulina, che stimolano il perpetuare di stati infiammatori, è necessario che i pasti siano ben bilanciati.
Oltre a scegliere carboidrati a basso carico glicemico, come ad esempio i cereali integrali in chicchi, è opportuno abbinarli a fonti proteiche (animali di buona qualità o vegetali e/o di grassi buoni, come olio extravergine di oliva o frutta secca) attenzione però alle quantità, perché anche un eccesso di carboidrati, può essere coinvolto in meccanismi proinfiammatori.
L’indice glicemico di un pasto dipende soprattutto dalla composizione degli alimenti: aumenta se un pasto è composto solo da cibi ricchi di carboidrati. Diminuisce invece se il pasto contiene anche grassi, proteine e fibre.
Gli alimenti pro-infiammatori sono quelli che per le loro caratteristiche hanno la possibilità di peggiorare lo stato d’infiammazione. In genere si tratta di alimenti industriali molto elaborati che contengono tra gli ingredienti oltre a grassi saturi e colesterolo, anche additivi, coloranti, dolcificanti ed esaltatori di sapidità. All’interno di un’alimentazione equilibrata può essere utile prediligere alimenti antinfiammatori, in particolare per le persone a cui sono state già diagnosticate o quando c’è il rischio di sviluppare patologie autoimmuni.
L’invito del nutrizionista è sempre quello di consumare più cereali, meglio se integrali, prediligere l’olio d’oliva extravergine, mangiare cinque porzioni di frutta e verdura fresca al giorno, l’utilità del consumo, anche se moderato, di frutta secca (mandorle, noci) e la limitazione di tutti gli alimenti industriali.
Attraverso un’alimentazione corretta, supportati da un nutrizionista delle malattie autoimmuni, è possibile modificare il decorso delle malattie autoimmunitarie, ridurre l’intensità ed il numero dei disturbi fisici ad esse correlate, allungare i periodi di benessere, diminuire le fasi di riacutizzazione e migliorare la prognosi.
Le indicazioni alimentari in corso di patologie autoimmunitarie, consistono nel basare la propria dieta su cibi di origine vegetale (cereali, legumi, verdura, frutta, semi, noci), preferire preparazioni semplici, scegliere alimenti non conservati o troppo elaborati, consumare in abbondanza cibi ricchi di vitamine ed acidi grassi polinsaturi.
Attenzione però che alcuni vegetali possono non essere adatti in alcune patologie, è il caso delle solanacee (pomodori, melanzane, peperoni, patate ecc ) e, nel caso specifico delle tiroiditi, delle brassicacee (cavoli, cavoletti, cavolfiore ecc).
Il protocollo autoimmune condivide molti dei principi della paleodieta, ma è qualcosa di più scientifico. Questo tipo di approccio elimina gli alimenti infiammatori e in grado di causare danni all’intestino. La permeabilità intestinale, infatti, risulta essere un prerequisito in chi ha una malattia autoimmune.
Sostituire gli alimenti altamente infiammatori con alimenti ad alta densità nutritiva, significa prediligere la concentrazione e la biodisponibilità di micronutrienti e amminoacidi, gli elementi costitutivi delle proteine, in tali alimenti. Si tratta di una dieta che elimina alcune categorie di alimenti: in primo luogo, quelli contenenti glutine e caseine. Ne traggono vantaggio le persone che soffrono di patologie infiammatorie croniche, patologie autoimmuni, ipotiroidismo o certe forme di disequilibrio endocrino. Via libera, dunque, a molluschi, pesce, uova, pollame, carne rossa e interiora, verdura, frutta fresca, semi e frutta secca.
l microbiota ha un filo diretto con il sistema immunitario. Lo stato infiammatorio cronico dei tessuti delle pareti gastriche e intestinali è alla base di moltissime patologie sia su base autoimmune che non; infatti quando la mucosa intestinale (barriera selettivamente permeabile) non funziona correttamente, consente il passaggio dal lume intestinale al circolo ematico e linfatico di diverse sostanze (cibo, batteri, tossine, ecc) che in condizioni fisiologiche non riuscirebbero a passare, che attivano immediatamente il sistema immunitario.
L’attivazione del sistema immunitario comporta la liberazione di citochine e anticorpi che danno luogo ad uno stato di infiammazione inizialmente solo a livello locale. I sintomi che si possono manifestare in questa fase sono cattiva digestione (dispepsia), gonfiore e senso di pesantezza, alitosi, diarrea e/o stipsi e colon irritabile.
Se questa condizione perdura nel tempo, lo stato infiammatorio cronicizza e si diffonde anche ad altri organi posti a distanza dall’intestino stesso, generando in queste sedi ulteriori focolai infiammatori. A questo punto, si possono manifestare disturbi apparentemente non correlati all’iniziale problematica intestinale, con quadri che possono sfociare in malattie a carattere immunitario (allergie, malattie autoimmuni, artrite reumatoide), infezioni recidivanti delle vie respiratorie (tonsilliti, otiti e bronchiti), cistiti, prostatiti e candidosi ricorrenti, malattie infiammatorie intestinali (morbo di Crohn, retto colite ulcerosa, poliposi diverticolosi, patologie tumorali), per arrivare anche a malattie dismetaboliche (diabete, dislipidemie), disturbi dell’umore (depressione), comportamentali (anoressia, bulimia) e stanchezza cronica.
Non mancano, infine, le patologie cutanee, come l’acne, la rosacea, gli eczemi atopici e da contatto, la vitiligine, l’alopecia areata, la psoriasi e le vasculiti.
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