Sindrome dell’ovaio policistico: curala con l’alimentazione

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La Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è senza alcun dubbio tra i più comuni disturbi endocrini che caratterizzano le donne in età riproduttiva.

Si stima siano almeno il 6-10% delle donne fertili a soffrire di questa patologia, le cui cause – seppure non sufficientemente chiare – sono da imputare a molteplici fattori di rischio genetici e ambientali.

I sintomi dell’ovaio policistico, invece, sono abbastanza noti e vanno dalle disfunzioni ovulatorie all’iperandrogenismo, fino all’ecostruttura policistica delle ovaie.

Ma a destare maggiore preoccupazione sono soprattutto le ripercussioni che questa sindrome può avere non solo sulla fertilità, ma anche sull’aspetto metabolico. La sindrome, infatti, si accompagna a 3 tipologie di squilibri, che devono essere presenti per una diagnosi certa di ovaio policistico. Si tratta di alterazioni di tipo:

  • Riproduttivo: comporta amenorrea, oligomenorrea, cicli anovulatori, ovaie policistiche;
  • Iperandrogenico: un’eccessiva produzione e/o secrezione di ormoni maschili (androgeni) che si manifesta con acne, alopecia frontale e irsutismo;
  • Metabolico: si accompagna a obesità addominale, elevati livelli di colesterolo e trigliceridi, ipertensione e alterazione della regolazione glicemica.

Solo da poco tempo nella patogenesi di questa sindrome hanno fatto la loro comparsa difetti e/o alterazioni nelle azioni dell’insulina.

Studi recenti, infatti, avrebbero dimostrato come la maggior parte delle donne con PCOS è metabolicamente insulino-resistente o in condizione di iperinsulinemia compensatoria, con ogni probabilità a causa di una predisposizione genetica e in secondo luogo dell’obesità.

Una condizione, quest’ultima, che in molti casi peggiora il quadro clinico di chi soffre di PCOS. Ecco perché, come mostrano anche diverse evidenze scientifiche, un corretto regime alimentare, unito ad attività fisica, svolgono un ruolo essenziale nel trattamento dell’ovaio policistico e nel miglioramento dei sintomi che la sindrome comporta.

Ma prima di capire come curare l’ovaio policistico attraverso l’alimentazione, cerchiamo di approfondire il legame tra questa sindrome e le alterazioni metaboliche.

Ovaio policistico: quali legami con metabolismo e obesità?

Che la PCOS sia associata a importanti conseguenze metaboliche concomitanti e future, sembra al di fuori di ogni dubbio. Le donne colpite dalla sindrome ovarica policistica hanno maggiori probabilità di sviluppare:

  • Diabete di Tipo 2;
  • Steatosi epatica (o malattia del fegato grasso).

Queste due condizioni – che potrebbero essere compresenti – sarebbero alimentate, infatti, dall’enzima Akr1C3 presente all’interno degli adipociti del grasso addominale. Si tratta di un enzima coinvolto nella trasformazione del precursore androgeno androstenedione in testosterone.

Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Birmingham e pubblicato nel 2017 sulla rivista Journal of Clinical Endocrinology and Metabolismdimostrerebbe come l’aumento dei livelli ematici di androgeni sia l’elemento propulsore dello sviluppo delle due patologie metaboliche citate.

La presenza eccessiva di testosterone nel sangue di una donna modifica sensibilmente il modo in cui le cellule rispondono all’insulina. E ciò crea un pericoloso circolo vizioso.

L’insulino resistenza spinge il pancreas a produrre più insulina per compensare, in questo modo la risposta del fegato e delle cellule muscolari calerà, mentre i livelli di Akr1C3 continueranno a crescere.

Il ruolo dell’enzima Akr1C3 spiega il collegamento tra iperandrogenismo e insulinoresistenza. Una condizione spesso associata anche all’obesità. Molte delle donne affette da PCOS, infatti, sono insulino-resistenti e presentano anche un eccessivo accumulo di grasso e sovrappeso.

Se le alterazioni metaboliche dovute alla resistenza insulinica rappresentano una componente centrale della sindrome dell’ovaio policistico, che ruolo può giocare l’alimentazione? Scoprilo leggendo il prossimo paragrafo.

Come gestire la policistosi ovarica con uno stile di vita equilibrato

Se è abbastanza chiaro che le alterazioni metaboliche sono centrali nella policistosi ovarica, è altrettanto evidente che la sindrome da ovaio policistico non si cura soltanto con l’assunzione di una pillola anticoncezionale.

Una gestione più ampia del problema, infatti, non dovrebbe mai trascurare l’insulino-resistenza, che insieme allo squilibrio ormonale è il cardine della patologia.

La condizione di resistenza insulinica è spesso l’anticamera di diabete e malattie cardiovascolari, il cui rischio aumenta se le donne affette da ovaio policistico sono anche in sovrappeso.

Da dove dipende la resistenza insulinica? Ad incidere su questa condizione sono svariati fattori, come:

  • Stress;
  • Vita sedentaria;
  • Dieta non equilibrata.

Dunque, soprattutto nelle pazienti con un quadro clinico caratterizzato da obesità o sovrappeso, studi scientifici dimostrano l’importanza di un cambiamento dello stile di vita nel migliorare la condizione di PCOS.

Modificare il proprio stile di vita è considerata la strategia d’attacco soprattutto nelle donne con un Indice di massa corporea (BMI) superiore ai 25 kg/m2. Tale strategia ruota attorno a 3 pilastri fondamentali, ovvero:

  1. Ricalibrazione della dieta;
  2. Controllo e mantenimento del peso corporeo;
  3. Attività fisica regolare.

Lo sport, in particolare quello di tipo aerobico (corsa, camminata veloce o bicicletta), aiuta a migliorare di molto la sensibilità delle cellule all’insulina, purché venga svolto con costanza, tutti i giorni per almeno 30-40 minuti.

Anche una perdita di peso tra il 5 e il 10% potrebbe effettivamente ridurre l’iperandrogenismo e i livelli di insulina. Ma non è solo la riduzione dell’introito calorico ad avere un impatto così notevole su due degli aspetti più importanti della PCOS.

In uno studio sui tempi di assunzione calorica nelle diete di donne normopeso è stato notato ad esempio, che anche l’orario e la distribuzione dei pasti sarebbe in grado di avere effetti positivi sugli indici di sensibilità all’insulina e sull’iperandrgenismo.

In particolar modo, lo studio evidenzia come opzione terapeutica ottimale per le donne con PCOS, un elevato apporto calorico a colazione e un ridotto apporto durante la cena.

Vediamo ora nel dettaglio in cosa consiste lo schema alimentare ideale per contrastare efficacemente la sindrome policistica .

Sindrome ovaio policistico, qual è la dieta più indicata

Una corretta alimentazione svolge un ruolo determinante in chi soffre di PCOS perché è in grado di:

  • Migliorare la resistenza delle cellule all’insulina;
  • Favorire il dimagrimento, riducendo la circonferenza addominale;
  • Ridurre i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi;
  • Migliorare la condizione di iperandrogenismo;
  • Scongiurare rischi di patologie metaboliche e cardiovascolari;
  • Stabilizzare il ciclo ovulatorio;
  • Diminuire il rischio di aborto.

Ma qual è la dieta più indicata per le donne che soffrono di ovaio policistico? Indubbiamente, la terapia nutrizionale più efficace è stata individuata in una dieta a basso indice glicemico ma anche a basso carico glicemico.

L’indice glicemico, come si sa, rappresenta la velocità con cui gli zuccheri presenti negli alimenti si distribuiscono nel sangue. Il carico glicemico, invece, indica la quantità in grammi di carboidrati di un alimento presenti nella porzione assunta.

Anche le combinazioni tra carboidrati, grassi e proteine sono importanti nella risposta insulinica. Un pasto bilanciato e completo nei macronutrienti principali consente di tenere sotto controllo il carico glicemico e, dunque, anche l’insulina.

Quindi nella pratica come mangiare? Ecco alcuni consigli che dovresti seguire:

  1. Limitare l’assunzione di zucchero sotto ogni forma (bibite, succhi, dolci confezionati ecc…);
  2. Comporre ogni piatto che porti a tavola includendo proteine, grassi, carboidrati e fibre;
  3. Privilegiare metodi di cottura al forno, al vapore o al microonde);
  4. Per ogni pasto non eccedere una quantità di carboidrati superiore al 50% delle calorie giornaliere;
  5. Optare per carboidrati complessi, a lento assorbimento e ricchi di fibra (ad es. legumi, cereali integrali).
  6. Aumentare l’apporto di fibre ad ogni pasto (frutta, verdura, cereali, legumi) perché limitano l’assorbimento di zucchero e grassi, e tengono sotto controllo livelli di glicemia e colesterolo;
  7. Ridurre drasticamente il consumo di grassi saturi (carni grasse, insaccati, burro, alcuni formaggi stagionati), privilegiando quelli mono e polinsaturi contenuti in pesce azzurro, frutta secca, olio di oliva e di semi, essenziali come fonte energetica a lungo termine;
  8. Per ogni pasto non eccedere una quantità di carboidrati superiore al 50% delle calorie giornaliere;
  9. Optare per carboidrati complessi, a lento assorbimento e ricchi di fibra (ad es. legumi, cereali integrali).
  10. Scegliere proteine provenienti da fonti vegetali e animali ma magre;
  11. Fare attenzione al latte e ai suoi derivati, tutti alimenti che potrebbero portare a un elevato stimolo insulinogenico, e il cui consumo andrebbe limitato.

Come detto in precedenza, anche il timing dei pasti non va trascurato. Una colazione abbondante, un pranzo normale seguito da una cena leggera, è un’organizzazione potenzialmente benefica per le donne affette da PCOS.

In alcuni casi specifici, anche la dieta chetogenica potrebbe essere una strategia efficace per gestire la sindrome dell’ovaio policistico. Quello chetogenico è un regime alimentare a basso introito di carboidrati e ipolipidico che stimola le cellule di adipe a produrre corpi chetonici.

Queste molecole diventano fonte di energia alternativa allo zucchero, favorendo quindi la riduzione dei fenomeni di resistenza insulinica e di blocco metabolico.

Non si tratta però di una dieta adatta a tutte. Ecco perché il mio consiglio è sempre quello di rivolgersi a un esperto di nutrizione in grado di valutare esigenze e problematiche personali, aspetti che sono sempre da considerare per ogni percorso nutrizionale che possa dirsi efficace.

Fonti

  1. Baptiste C.G., Battista M.C., Trottier A., Baillargeon J.P. – Insulin and hyperandrogenism in women with polycystic ovary syndrome – 2009;
  2. O’Reilly M., Kempegowda1 P., Walsh M., Taylor A., Manolopoulos K., Allwood W., Semple R., Hebenstreit D., Dunn W., Tomlinson J., Arlt W – AKR1C3-mediated adipose androgen generation drives lipotoxicity in polycystic ovary syndrome – The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism 2017;
  3. Lim S.S., Hutchison S.K.,Ryswyk E. V., Norman R.J., Teede H.J., Moran L.J. and and Cochrane Gynaecology and others – “Lifestyle changes in women with polycystic ovary syndrome” – Cochrane Database Syst Rev. 2019;
  4. Jakubowicz D., Barnea M., Wainstein J., Froy O. – “Effects of caloric intake timing on insulin resistance and hyperandrogenism in lean women with polycystic ovary syndrome” – Clin Sci (Lond) 2013.